La storia enologica dell’Alto Casertano è legata a tre particolari e antichi vitigni, il Pallagrello Bianco, il Pallagrello Nero e il Casavecchia, oltre alle micro produzioni di Asprinio, Fiano e Coda di Pecora. Partendo dall’Alto Casertano, e precisamente da Piedimonte Matese, ritroviamo un pregiato vitigno presente sul territorio almeno dal 1750, da quando i Borbone ne fecero il loro vino preferito, al tempo denominato Piedimonte Rosso. Importanti documenti storici attestano il forte legame di questo vitigno con la casa dei Borbone o, per lo meno, ricordano quanto i Reali spagnoli tenessero a quest’uva. La testimonianza è data da una lapide che si trova ancora oggi a Piedimonte Matese e precisamente in località Monticello.

Il Re pose, addirittura, un divieto di transito a tutti, perché nessuno calpestasse la proprietà dove veniva prodotto il vino destinato ai nobili borbonici… e pensare che questo vino veniva messo in tavola insieme a quelli più blasonati francesi dell’attuale Chateaux Mouton Rothshild, all’epoca Château Brane-Mouton; si può solo immaginare il valore attribuito a questo pregiato nettare.

La proprietà di Monticello, fino all’inizio del ‘900, fu dei Pertusio per poi passare alla famiglia Scorciarini Coppola. Successivamente, con l’abbandono della proprietà, si perse un primo pezzo di storia, forse il più romantico, del Pallagrello.

Come in tutta Europa, la fillossera (insetto parassita che distrugge le radici delle viti) raggiunse anche il territorio casertano, decimando centinaia di ettari di vigneti… ma la vite, così come sa resistere ai territori più impervi e al meteo più turbolento, riesce a sopravvivere anche alla storia, dato che non tutte le piante andarono perdute.

Infatti ci fu una ripresa della produzione nella zona di Ruviano, con ritrovamenti di bottiglie di inizio ‘900. Dopo questa piccola parentesi sembra non esserci traccia del Pallagrello imbottigliato fino agli anni Sessanta, quando di nuovo gli Scorciarini Coppola decisero di riprendere il vitigno e la storia del Piedimonte Rosso e si tornò a produrre il vino ricercato sulle tavole più importanti.

Dopo un nuovo periodo di buio, per arrivare alla storia del Pallagrello moderno si deve attendere il 1997 quando gli avvocati Mancini e Barletta si unirono per dar vita a una cantina e riprendere questa preziosa produzione. Oggi, dopo circa 20 anni, le aziende vitivinicole sono aumentate e lavorano sempre meglio; si può addirittura parlare di una zonizzazione del Pallagrello sia Bianco che Nero. Ogni zona si esprime tramite questo fantastico vitigno in maniera differente: da Raviscanina, a 200 metri sul livello del mare, proviene un Pallagrello un po’ più grasso; quello di Piedimonte Matese è un Nero “di montagna” più sottile, elegante e profumato. Sulle colline caiatine, e più in generale nel Medio Volturno, si conoscono tante sfumature del Pallagrello: il Nero dalle linee elegantissime e possenti; il Bianco di grande spessore; la versione “spumantizzato” con metodo classico e il “rosato” che regala la piacevolezza dei classici rossi estivi.

Il Pallagrello bianco si dice soffra di acidità a differenza degli altri vitigni bianchi campani ma, come in tutte le regole, ci sono delle eccezioni. Se un bianco è ottenuto con un piccolo anticipo della vendemmia, riesce a dare freschezza e una grande beva; inoltre, quando è coltivato in quota e in posti più freddi (come nelle campagne di Liberi) si caratterizza per maggiori profumi e forte freschezza. Un’altra particolarità del Pallagrello Bianco è quella di regalare anche un grande vino passito.

C’è tanta vera qualità nei vini prodotti nel territorio dell’Alto Casertano; ogni cantina ha una sua eccellenza che spicca ed evidenzia la ricchezza di un luogo il cui valore merita di essere conosciuto.

 

Si ringrazia Pietro Iadicicco

Delegato Caserta AIS Associazione Italiana Sommelier