a cura di Roberto Fratta
Il Monte Miletto è senza dubbio la mia cima preferita dell’Appennino matesino, e salire fino alla sua vetta ormai rappresenta una “classica”, una tradizione irrinunciabile, la mia tradizione.
In qualsiasi stagione lo spettacolo è sempre assicurato. Siamo in febbraio, il Matese riposa, è “in letargo” e veste interamente di bianco. Ghiaccio e neve hanno preso il sopravvento creando uno scenario unico, quasi lunare.
Sveglia alle 6:00, un’occhiata all’attrezzatura e via, si parte. La giornata è perfetta, le previsioni meteo sono favorevoli, meglio approfittarne. È presto, ancora buio, ho tutto il tempo per raggiungere Miralago con calma; un caffè a San Gregorio Matese e si prosegue.
Oltre i mille metri l’aria è decisamente fredda, il lago è coperto dal solito manto di nuvole pronto però a elevarsi nel giro di poche ore grazie all’opera infaticabile del Sole. Oltrepassato il lago mi porto alla partenza, direzione Valle dell’Esule. Il sentiero scelto, forse tra i più noti per la salita al monte Miletto, prevede circa 8 chilometri di cammino (sola andata) per 1.040 metri di dislivello complessivo.
La montagna d’inverno assume un aspetto molto differente rispetto a quello che normalmente osservo durante il resto dell’anno, la neve trasforma qualsiasi riferimento senza fare distinzione alcuna. In questo caso i sentieri risultano completamente ricoperti, non sono più visibili, quindi si prosegue a intuito affidandosi all’esperienza e alla conoscenza del territorio. L’abbigliamento è quello tipico invernale e queste condizioni impongono l’uso dei ramponi e della piccozza da ghiaccio.
Ore 8:00 – il Sole inizia a riscaldare e lo farà per l’intera giornata, non resta che andare, il cammino ha inizio. La neve è ghiacciata fin da subito, meraviglioso! Prima tappa da raggiungere è la valle dell’Esule a 1.360 metri, un pianoro situato tra il monte Crocetta (1.730 metri), e il Lago del Matese. In passato questa valle ha rappresentato il fulcro della pastorizia locale; oggi, ahimè, vissuta solo in parte dagli allevatori che usufruiscono della sorgente per abbeverare il loro bestiame nel periodo estivo e tappa fondamentale anche per tutti gli amanti della montagna. Ritorniamo a noi… l’Esule è raggiunto.
Un metro abbondante di neve rende la vallata più spettacolare del solito, l’abbeveratoio è quasi sommerso e timidamente cerca di farsi spazio tra la morsa del ghiaccio, ascolto il getto d’acqua che è ancora “vivo”, l’acqua scorre. Sono solo a un terzo del percorso, una breve sosta e si riparte in direzione di campo dei Grilli, proseguendo lungo il torrente alimentato dalla sorgente. Con l’Esule alle spalle riprendo l’ampia salita tra i faggi ove si inizia a intravedere uno spicchio di lago; eccoci al campo. Da qui lo scenario cambia, il vento proveniente da N/E si fa sentire, meglio coprirsi. Davanti, oltre la cresta, c’è Campo dell’Arco (arco naturale scavato nella roccia dall’erosione dell’acqua nel corso degli anni); si prosegue senza sosta con lo sguardo diretto alla cima. Da lontano spicca la croce in vetta completamente ghiacciata e la voglia di raggiungerla cresce.
Il silenzio regna sovrano… non incontro nessuno, ma le tracce evidenti degli animali selvatici impresse nella neve danno la netta conferma di non essere solo… d’altronde, l’ospite sono io! Per un breve tratto il percorso torna pianeggiante per poi riprendere in salita lungo la cresta sottostante la cima, quota 1.700 metri. Un piccolissimo stazzo del pastore, ormai abbandonato, spunta dalla neve che lo nasconde. Da un lato c’è il valico di Capo D’Acqua (Campitello Matese) dall’altro il Campo dell’Arco. Le pareti del monte Miletto si presentano ghiacciate e molto scoscese. Voglio raggiungere la cima riducendo al minimo i pericoli, quindi decido di lasciare definitivamente il sentiero per fare una deviazione a destra e raggiungere la più sicura cresta Sud o, forse, solo meno pericolosa. La salita si fa più impegnativa e la fatica inizia a farsi sentire; raggiungo con passo sicuro la cresta alle pendici della cima e finalmente scorgo il rifugio Colle Del Caprio, a monte della stazione sciistica di Campitello Matese… ci sono quasi. Proseguo tra le rocce ricoperte di ghiaccio ormai sculture naturali modellate dal vento, e infine la croce che annuncia la vetta, eccola!
Per l’ennesima volta, ma con condizione veramente insolite, ho raggiunto l’amata cima del massiccio del Matese… a 2.050 metri sul livello del mare. Condizioni meteo ideali, panorama mozzafiato come al solito, mai avuto dubbi in merito! Molise–Campania, Mar Tirreno, Mar Adriatico. Il Vesuvio, Ischia e le altre isole maggiori da un lato, dall’altra le catene montuose circostanti: Mainarde, Majella, monti Marsicani e nei momenti più fortunati si scorge perfino il Corno Grande del Gran Sasso. Dai borghi di Letino e Gallo Matese con i suoi laghi fino al beneventano, il panorama è a 360 gradi. Abbassando lo sguardo ecco le altre due cime del massiccio Matesino: il monte La Gallinola e il monte Mutria; infine, il Lago del Matese in tutto il suo splendore.
Nonostante la bellissima giornata soleggiata, la temperatura è bassa e il vento inizia a essere sostenuto, quindi, qualche foto ricordo, un rispettoso saluto alla vetta e via… verso il ritorno. Per gli amanti della montagna è una bellissima escursione invernale; per me, ormai, una “classica”. Ricordate bene che va fatta sempre in compagnia, mai da soli. Anche se in questo mio racconto non l’ho citato, è giusto che vi confidi che con me c’era il mio amico Angelo, che ha condiviso questa meravigliosa esperienza e anche la fresca, rigenerante e meritata birra di fine escursione.