PONTELANDOLFO

Nel cuore del Sannio antico c’è un posto dove l’atmosfera è impregnata di tradizione, amore per la terra, orgoglio dei mestieri tradizionali, attaccamento genuino ai valori di un tempo. Questo posto è Pontelandolfo.

Piccolo borgo medievale situato sulle colline a sud-est del massiccio del Matese, su cui domina l’antica torre baronale alta oltre venti metri risalente al XII secolo, che faceva parte di un complesso architettonico molto più ampio (un castello, distrutto a seguito del terremoto 1688, ed altre torri, collegate alla struttura portante mediante ponti levatoi).

L’abitato è situato in un paesaggio naturale fatto di oliveti e boschi. Diversi ritrovamenti archeologici testimoniano che l’intera area era già abitata in età sannitico-romana e che nel periodo longobardo divenne possesso di un Landolfo principe di Benevento, dal quale prese il nome.

Da visitare la bellissima Chiesa Parrocchiale del SS. Salvatore, caratterizzata dalla facciata in pietra locale, che risale al XVII secolo, ma è stata oggetto di diversi rimaneggiamenti nel corso dei secoli. L’interno, a tre navate, conserva pregevoli altari settecenteschi. Raccomandiamo anche la Cappella Santa Maria degli Angeli (XIX secolo); il Tempio dell’Annunziata, edificato nel XV secolo sulle mura di cinta del Castello, caratterizzato da un campanile sormontato da una edicola barocca; e la Cappella San Rocco, costruita “fuori le mura” dopo la peste del 1656, con un porticato dal quale si accede al luogo sacro che custodisce interessanti sculture lignee.

Più volte nei secoli, colpito da sventure e da calamità naturali, che hanno messo a dura prova gli abitanti del luogo, la pagina più drammatica della storia ultramillenaria di Pontelandolfo viene scritta il 14 agosto 1861, quando il paese paga con il sangue versato di migliaia di vittime civili innocenti, la tanto agognata Unità d’Italia.

Le tracce di una storia millenaria e di un popolo attaccato indissolubilmente alle proprie tradizioni si ritrovano tutte in un rituale che, nel periodo del carnevale, qui si ripete ogni anno: l’antico gioco della Ruzzola, iniziato – si dice – da una sfida che un barone lanciò ad un uomo del popolo con il quale aveva perso dei terreni a carte.

Il gioco consiste nel lancio di una forma di cacio con uno spago, detto zagaglia, arrotolato tanto da girarvi tre volte intorno; vince chi arriva al traguardo con un numero minore di lanci.