Visitiamo i Castelli del Matese

Sono i luoghi dove nascono leggende, misteri e intrighi politici e amorosi. I castelli del Matese raccontano una pagina di storia estremamente affascinante, quella compresa tra il X e il XV secolo, il periodo che ha visto i popoli barbari raggiungere le terre del Sud Italia, costringendo gli abitanti del posto ad arroccarsi nei luoghi di montagna, più sicuri e meglio difendibili. Abbiamo così il fenomeno dell’incastellamento, con la nascita di siti fortificati intorno ai quali sono nati i borghi medievali, alcuni abitati sino ad oggi. Il tour tra i castelli matesini non è solo un viaggio nella storia, ma anche una scoperta delle bellezze naturali e soprattutto delle bontà gastronomiche locali. Come suggeriamo di frequente, la visita in questi luoghi va sempre conclusa con una bella degustazione di prodotti tipici. Perciò, provate a scoprire i castelli che vi segnaliamo di seguito tra un bicchiere di vino e un buon piatto della tradizione.

Il Castello di Gioia Sannitica

Castello gioia sannitica

Costruito a partire dal X secolo, il castello di Gioia Sannitica è un affascinante complesso costituito da una torre e dalla residenza signorile. Situato sulla sommità della collina è raggiungibile tranquillamente in auto o a piedi, per chi è più allenato e ha voglia di fare una piacevole escursione. Superata la prima cinta muraria, ci si addentra nel borgo (la cittadella bassa), sorto ai piedi delle mura del castello. Si possono ancora vedere com’erano divisi gli ambienti delle case, alcune delle quali sono addossate le une alle altre, altre sono separate da strette stradine. È tra i borghi medievali meglio conservati in Campania, grazie al fatto che dopo il suo abbandono, avvenuto probabilmente verso la fine del XIV secolo, non è stato più rioccupato. Con un po’ di fantasia, si riesce quasi a immaginare la vita che si svolgeva qui: uomini e donne che si spostano tra queste stradine impegnati nelle loro faccende o che corrono verso la rocca in caso di pericolo. Nella città alta, protetto da una seconda cinta muraria e difeso da due torri, si trova il palazzo residenziale, che si sviluppava su più livelli come testimoniano le tracce di una scalinata e i resti di un grande camino ai piani superiori.

Secondo una leggenda, la contessa che abitava il castello, Erbanina, confezionava pozioni magiche che usava per cospargersi il corpo e poter volare e raggiungere le streghe delle campagne di Benevento. Lo sposo, vedendola uscire nelle notti di luna piena, pensò che avesse un amante e, ingelosito, sostituì l’unguento magico con della semplice sugna. Giunta la luna piena, la contessa si lanciò dalla torre ma, questa volta, invece di volare, precipitò urlando nel dirupo sottostante. Se la passeggiata al Castello e l’aria fine di montagna vi ha procurato un bel appetito, approfittatene per fermarvi in qualche osteria o agriturismo e chiedere di gustare piatti locali; senza dimenticare il vino e, soprattutto, l’ottimo olio prodotto qui, assaporandolo magari su una bella bruschetta.

Il Castello di Rupecanina

A Rupecanina l’intervento normanno si inquadra nel corso del XII secolo, quando fu realizzato un mastio (il torrione principale) insieme ad altre strutture circostanti che costituivano la residenza del conte. Contemporaneamente, nacque tutt’intorno il villaggio difeso da una cinta muraria. Come tutti i torrioni di quest’epoca, l’ingresso con il ponte levatoio veniva costruito al primo piano, per ovvi motivi difensivi, mentre al piano terra si trovava la cisterna; infine al piano superiore c’erano la residenza vera e propria del conte. Un importante restauro, effettuato recentemente, ha restituito l’intero edificio in tutto il suo antico splendore. È possibile, così, vedere con i propri occhi come erano organizzati all’interno queste splendide torri. Tante sono le storie custodite in questa fortezza, ma l’avvenimento che ha segnato la storia del castello di Rupecanina è senza dubbio lo scontro armato tra Ruggero II di Sicilia e Rainulfo di Dregrot, al tempo signore delle terre di Caiazzo e di Alife. Dalla Sicilia, Ruggero II si preparava a conquistare l’Italia meridionale e, giunto nella valle alifana, fu inevitabile lo scontro con l’esercito di Rainulfo, che fu sconfitto e il castello di Rupecanina distrutto. Ma il ricordo di questo grande passato non fu dimenticato, tant’è che l’Imperatore Federico II, nel XV secolo, ristrutturò il castello e lo affidò alla gestione dei monaci-cavalieri dell’Ordine Teutonico. Nel 1434, tuttavia, al tempo delle lotte tra l’esercito pontificio e gli Angioini, il castello fu distrutto definitivamente e concludeva una storia iniziata solo quattro secoli prima, quando era un semplice insediamento senza mura e fortificazioni.

Tra gli oggetti più antichi trovati sulla sommità del colle c’è una macina da frantoio. Non è un caso quindi che Sant’Angelo d’Alife sia conosciuta per la produzione di un pregiato olio che vi consigliamo di provare a crudo, con un po’ di pane o come condimento sopra un bel piatto di fagioli. Se la vostra visita al castello coincide con la giornata di festeggiamenti per San Michele, il 29 settembre, vedrete le signore del paese “indossare” grandi biscotti tradizionali, conosciuti come i biscotti di San Michele, che vengono prima benedetti e poi, non dimenticate, gustati.

Castello dei Maginulfo a Roccamandolfi

Il rudere del castello di Roccamandolfi sorge a 1.080 metri di altitudine e rappresenta una delle più importanti opere fortificate del Molise medievale. Le fonti storiche ci documentano l’esistenza del Castello nel XII secolo. La fortezza ha visto numerosi scontri tra i sovrani normanni dell’Italia meridionale e gli imperatori; ma l’evento più curioso che coinvolge il castello, noto alla cronaca, ha uno sfondo religioso. Nel 1269, un gruppo di Catari in guerra contro la Chiesa si rifugiò in questo territorio. Questi erano fortemente fedeli alle teorie di Gioacchino da Fiore, un monaco francescano che causò una profonda spaccatura nell’ordine fondato da San Francesco di Assisi. Accadde così che Carlo I d’Angiò, alleato del papa, raggiunse Roccamandolfi, scovò il gruppo di eretici e li trasferì a Capua dove furono condannati a morte, mentre il re ordinava la distruzione del castello nel 1270.

Da allora non si parlerà più di castrum ma solo di terra Rocce Maginolfi, senza più riferimenti al castello. Al termine della visita, tra le tante specialità che si possono trovare in questo comune, vi invitiamo ad assaggiare le famose laganelle con fagioli. Si tratta di lasagnette lavorate a mano condite con fagioli, un po’ di peperoncino e della cotica di maiale. Se lo preferite, potete esaltarne l’aroma con una bella spolverata di pecorino grattugiato, e accompagnare il tutto con del buon vino locale. Un piatto sostanzioso e ricco di sapori tipici della tradizione, che difficilmente potrete assaggiare altrove.

Il Castello di Prata Sannita

Il borgo medievale di Prata Sannita, chiamato comunemente Prata Vecchia, è un complesso di memorie storiche, di antiche tradizioni e di regali passaggi, dall’imperatore Federico II di Svevia ad Alfonso I d’Aragona. Il borgo è arroccato intorno al castello fortificato di epoca normanna e poggia su un costone di roccia che si affaccia a dominare la valle dove scorre il fiume Lete. Le strutture oggi visibili risalgono al XIV secolo e sono frutto del potenziamento e del sistema difensivo costruito in epoca normanna e angioina.

Nel corso dei secoli, ha assunto l’aspetto di una nobile e grandiosa residenza che ha ospitato diverse famiglie importanti, tra cui i Sanframondo, i Pandone e la famiglia Scuncio che ne è proprietaria da più di 150 anni. La corte del Castello di Prata Sannita è circondata dai vari ambienti e dalle splendide torri, in origine quattro, che rivelano la funzione difensiva di questo complesso.

Il Castello di Faicchio

A dominare il borgo antico di Faicchio troviamo l’imponente Castello Ducale, costruito nel XII secolo per volere dei conti Sanframondo e posto in una posizione strategica, elevata rispetto al corso del fiume Titerno. L’edificio ha la forma di poligono irregolare, con i lati raccordati tra loro da tre torrioni e la struttura che richiama il celebre “fratello maggiore” di Napoli, ossia il Maschio Angioino.

Il percorso suggerito dà la possibilità di vivere di persona l’atmosfera di questo lontano passato, attraversare gli stessi luoghi vissuti dai potenti Conti locali, affacciarsi dalle torri e dai finestroni e ammirare lo splendido paesaggio sul quale dominavano tali signori. È una visita che in modo emozionante, inaspettato e anche “gustoso”, vi farà tornare indietro nel tempo, facendovi scoprire il Matese non solo grazie alla storia dei suoi castelli ma anche attraverso i prodotti tipici e i piatti preparati secondo la tradizione locale.

 

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