di Mario L. Capobianco
La vetta più alta del massiccio del Matese è la meta ambita di moltissimi escursionisti; godere all’alba del meraviglioso spettacolo del sorgere del sole, dopo essere saliti durante la notte, è sicuramente il modo migliore di concludere quella che, per molti, è una vera impresa!
I sentieri che portano alla cima sono diversi; io preferisco quello che ho percorso la prima volta da giovane guidato dall’indimenticabile amico Giuliano Palumbo, al quale devo la mia passione per la montagna e la fotografia. Non sempre le condizioni meteo sono favorevoli, ma l’escursione organizzata qualche anno fa vale la pena di essere raccontata. L’appuntamento fissato a Miralago alle ore 18.00. Dopo il benvenuto degli organizzatori a tutti partecipanti, tappa alle Tre Fontane per il rifornimento di acqua e trasferimento al punto di partenza. Alle Macchietelle un primo vero contatto con la montagna, e in alto la cima maestosa illuminata dagli ultimi raggi di sole; una sistemazione definitiva degli zaini, la rituale foto di gruppo e, finalmente, la partenza. Percorso un primo tratto pianeggiante inizia la salita.
Davanti, la prima meta: il valico di Campo del Puledro. A sinistra: un sole meraviglioso che si avvia al tramonto e con i suoi ultimi rossi e caldi raggi dà al paesaggio ombre e colori intensi, rendendolo particolarmente suggestivo. Alle spalle: il Lago del Matese e qualche gregge che si avvia verso l’ovile. All’uscita del bosco, puntuale all’appuntamento, fa capolino una meravigliosa luna piena che piano piano illumina tutto. Raggiunta la Sorgente della Pila, meta prevista per una lunga pausa di ristoro, si accende il fuoco e dagli zaini vengono fuori, quasi magicamente, le cose migliori che si possono immaginare. Intanto, la luna sempre più splendente è salita ancora e i suoi raggi imbiancano le rocce sovrastanti la sorgente. Poco dopo mezzanotte si riprende il cammino.
Un breve passaggio nel bosco buio e, appena fuori, ci appare l’immensa distesa di Campo dell’Arco, uno dei più evidenti fenomeni di carsismo, caratteristico del nostro territorio. Qui è obbligatoria la foto ricordo nell’arco di pietra naturale. Emozionante l’attraversamento di questa pianura con una nebbiolina dovuta all’umidità, lo scampanellio dei campanacci delle mucche che riposano e il galoppo di un piccolo branco di cavalli che si allontana, disturbato dal nostro passaggio. Alla fine del campo una breve ma impegnativa salita ci porta sul Colle del Monaco, dove si imbocca il sentiero che porta alla Forca del Cane; qui inizia l’aggiramento della cima, che raggiungiamo ai primi albori. Immediata la ricerca di un fosso-rifugio per proteggerci dal freddo e dal vento, e assaporare distesi tra le pietre il meritato riposo. Spaziare con lo sguardo verso oriente con i radiosi colori dell’alba e voltarsi a occidente per assistere al tramonto della luna in un cielo ancora buio è uno spettacolo indimenticabile.
Di fronte a questa meraviglia ci si sente più modesti, più disponibili; è bello individuare in lontananza le luci della città di Napoli, i fari di Ischia, Gaeta, Punta Campanella, Letino e i paesini del Molise. Poi tutti pronti per accogliere lui, il grande protagonista; il mio GPS dice che spunterà all’orizzonte sul mare Adriatico alle ore 05.56. Arriva puntualissimo il primo spicchio arancione. Mano a mano che il cerchio di fuoco si completa e comincia a salire, tutto il paesaggio ci appare sempre più chiaro, si staglia netto il profilo del monte La Gallinola di fronte a noi e in basso, nei campi di alta quota, si mettono in movimento mucche e cavalli allo stato brado per il loro pascolo quotidiano. Il panorama è unico.
Dagli zaini continuano ad uscire impensabili golosità per la colazione, addirittura Gino e Teresa offrono una torta e, a sorpresa, appare anche una borraccetta di grappa. Tradizionale foto di gruppo vicino alla croce, mentre il quasi onnipresente vento forte e gelido invita a intraprendere la discesa. Coloro che hanno partecipato per la prima volta, rivedendo il percorso alla luce del sole, si rendono conto, con grande soddisfazione, dell’impresa compiuta. Ultima tappa, la fresca e rigenerante fontana dell’Esule, popolatissima di mucche e cavalli che scendono qui per abbeverarsi.
Poi giù, lungo il sentiero che ci riporta alle macchine. Alcuni si salutano, altri decidono di completare questa piccola avventura intorno a un tavolo di prodotti locali e bevande dissetanti.
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