A cura di Pasquale Buonpane
Umili piantine in grado di anticipare la primavera di qualche mese, arrivando in alcuni casi a fiorire già in dicembre: sono i Crocus, noti come zafferani selvatici e spesso confusi con la pianta che produce la preziosa spezia. In realtà il vero zafferano si ricava da Crocus sativus, specie coltivata fin dall’antichità, originaria dell’Oriente sebbene sia oggi naturalizzata in diverse regioni. Il nome del genere Crocus (famiglia Iridaceae) deriva dal greco “Krokos” = filamento e fa riferimento agli stimmi lunghi e sfrangiati. La flora del nostro paese annovera circa una ventina di specie e almeno tre di queste si rinvengono sul Matese. Conosciamole meglio:
Crocus imperati Ten.
Specie endemica, presente allo stato spontaneo solo nel territorio italiano e in particolare nelle regioni Umbria, Lazio, Abruzzo e Campania. Nonostante l’areale di distribuzione piuttosto ristretto non gode di nessuna tutela giuridica, è quindi sempre consigliabile evitarne la raccolta. La specie è dedicata a Ferrante Imperato (1550-1631) illustre naturalista e farmacista napoletano.
Sul Matese è molto diffuso dal piano fino ai 1.400 m di quota e fiorisce da dicembre a marzo, in base all’esposizione e all’altitudine, nei prati, ai margini del bosco e spesso anche sul ciglio delle strade. I fiori non profumati, più brevi delle foglie, sono generalmente singoli ma talvolta anche in numero di due o tre per ogni pianta e presentano fauce sempre di colore giallo. Crocus imperati si distingue dalle altre specie matesine per gli stimmi allargati a imbuto e per le tuniche del cormo (bulbo-tubero) che sono dissolte in fibre sottili.
Crocus biflorus Mill.
Specie piuttosto variabile diffusa in un ampio areale che va dall’Iran alla Turchia fino all’Italia nord occidentale. Nel nostro paese è presente in quasi tutte le regioni anche se risulta più frequente lungo i versanti occidentali della penisola mentre è più raro lungo il medio ed alto versante adriatico. E’ presente in Sicilia ma manca in Sardegna e Valle d’Aosta. Vegeta per lo più nell’area della macchia mediterranea, ma anche ad altitudini superiori (dal mare fino ai 1.200 m) nei prati e pascoli aridi.
Fiorisce tra gennaio e aprile. Sul Matese è la specie meno comune, ad oggi chi scrive lo ha rinvenuto solo sul gruppo Monte Muto–Monte Ariola e sarebbero opportune ulteriori ricerche per definirne meglio la reale distribuzione sul massiccio. I fiori di colore biancastro o viola tenue sono talvolta lievemente profumati e presentano fauce gialla. Si distingue per le tuniche del cormo che in Crocus biflorus sono intere e verso la base si separano in caratteristici “anelli”. Delle tre specie presenti sui monti del Matese, solo Crocus biflorus risulta essere specie protetta. Tuttavia per poter continuare a godere dello spettacolo della loro fioritura è buona norma evitare in ogni caso la raccolta e limitarsi ad ammirare queste piccole meraviglie della natura.
Crocus vernus (L.) Hill
Specie dalla tassonomia complessa, “tradizionalmente” riportato come presente con diverse sottospecie in tutte le regioni ad eccezione della Sardegna. Tuttavia recenti studi sulla genetica farebbero ascrivere le popolazioni del Centro-Sud della penisola, comprese quelle del Matese, alla specie Crocus neapolitanus (Ker Gawl.) Loisel. E’ la specie che si spinge più in alto, si rinviene infatti tra i 600 e i 2.400 m di quota.
Sul Matese tende a sostituire le altre specie di Crocus a partire dalla fascia del faggio per poi spingersi fino alle pendici delle vette maggiori (particolarmente spettacolari allo sciogliersi della neve le fioriture sull’area sommitale del Monte Mutria). C. vernus presenta per lo più fiore unico, talvolta due, privi di profumo. I tepali violetti (ma non sono rari individui con fiore bianco) hanno apice arrotondato. La fauce è violaceo-biancastra, mai gialla come invece accade nelle altre specie presenti sul Matese.
Per saperne di più sulla flora del Matese: www.matesenostrum.com