Altilia, una città romana conservata nei secoli
Saepinum, attraversata dal famosissimo tratturo Pescasseroli-Candela veniva utilizzata già in epoca sannitica come punto d’incontro e di scambio dei prodotti agricoli con quelli pastorali in occasione delle migrazioni stagionali delle greggi, quindi scalo e porto di mercato. La città romana, quella che noi oggi vediamo, fu preceduta da una di epoca sannitica, che sorgeva sulla montagna retrostante, detta di “Terravecchia”. Di quell’antico insediamento sono attualmente riconoscibili i resti di una splendida cinta muraria. Fu dopo la sconfitta subita dai Sanniti ad opera dei Romani che la popolazione abbandona il sito di altura per riversarsi nella pianura, iniziando così a costruire il nuovo nucleo urbano.
Lungo il circuito murario, realizzato in opera reticolata, si aprono le quattro porte monumentali in asse con le principali arterie viarie, mentre una serie di torri a pianta circolare sono dislocate lungo l’intero perimetro ad una distanza di circa 100 piedi l’una d’altra. Il teatro, situato nel settore settentrionale, è l’edificio più monumentale; di esso si conservano l’orchestra e i primi due ordini di gradinate della cavea destinati al pubblico. A questi settori si accede attraverso i due ingressi monumentali detti “tetrapili”. La parte superiore di essa è stata parzialmente inglobata in costruzioni rurali sorte sul suo emiciclo, dal XVIII secolo in poi, conservandone l’andamento semicircolare e attualmente accolgono la sezione museale dedicata alla città e al territorio. (tratto da www.comune.sepino.cb.it) Anche se non si è veri appassionati di archeologia, visitando per qualche ora l’intera zona archeologica di Altilia, si possono provare sensazioni molto particolari che portano a “sentire” tutti i secoli che in quelle maestose mura, in quelle silenziose stradine, in quelle imponenti colonne, sono trascorsi.