Alife. La città fortificata

Le fonti storiche non ci fanno sapere con esattezza se l’antica città sannitica di Alipha fosse fortificata con mura prima della conquista romana. Sappiamo però, che essa, insieme a tutta la popolazione di stirpe sannitica, fu tenacemente in lotta con Roma per l’egemonia nel meridione d’Italia.
Durante le cosiddette guerre sannitiche vi furono diversi episodi che portarono il territorio alifano e quello di altri centri sannitici come Rufrae (Presenzano), Callifae (Roccavecchia di Pratella) a essere conquistati e perduti diverse volte nella sanguinosa lotta fra Romani e Sanniti.

La definitiva vittoria delle aquile di Roma avvenne nel 268 a.C. La popolazione sannitica alifana fu soggiogata e fu incorporata nella Tribù Teretina, la città ebbe la concessione della civitas sine suffragio, divenendo sede di una Praefectura. Con la conquista romana del territorio alifano, seguì un periodo di pace.
In età Sillana vi fu il trasferimento di una colonia di ex legionari e in questo periodo la città si dotò di una cinta muraria contemporaneamente a una nuova sistemazione dei terreni agricoli facenti parte del suo territorio, attraverso la centuriazione, cioè la spartizione dei terreni in parti regolari da affidare agli ex legionari.

Al centro della vallata sorse la nuova Allifae, difesa da un poderoso circuito murario di forma rettangolare, con gli angoli arrotondati. Fu realizzata in opus incertum, una delle diverse tecniche murarie, frutto dell’ingegneria romana.

Le mura romane

La cortina è formata da un nucleo cementizio in malta calcarea che dà alla possente murazione lo spessore di due metri e mezzo. La grande muraglia era, inoltre, intervallata da bastioni circolari e quadrati che offrivano un’ulteriore difesa contro gli assalitori; quattro porte urbiche con stipiti in blocchi isodomi in pietra fiancheggiate da bastioni quadrati si aprivano al centro dei rispettivi lati.

Lungo tutto il perimetro delle mura vi era una zona dove era vietato praticare attività agricole o costruire edifici. Era considerata sacra e inviolabile: il pomerium. Le magnifiche porte sovrastate da archi a pieno centro, montati su candidi blocchi calcarei, offrivano uno spettacolo di suggestiva e possente armonia architettonica. Dalla massa frastagliata dell’ opus incertum emergeva il biancore che, quasi come un Arco di Trionfo, accoglieva chi entrava nella città fortificata.
Ai lati delle porte, i possenti bastioni quadrati offrivano un’ulteriore difesa per la presenza di potenti macchine da guerra. Erano le temibili catapulte romane, armate con proiettili sferici in pietra.

Le porte d’accesso

All’asse stradale principale della città, chiamato decumano massimo, corrispondeva la Porta Urbica Orientale o Porta Praetoria (l’attuale Porta Napoli) e, dalla parte opposta, la Porta Urbica Occidentale o Porta Decumana (l’attuale Porta Roma).

All’asse secondario, chiamato cardine massimo, corrispondeva la Porta Urbica Meridionale o Porta Principalis Sinixtra (l’attuale Porta Fiume) e, dalla parte opposta, la Porta Urbica Settentrionale o Porta Principalis Dextra (l’attuale Porta Piedimonte).
Le suddette porte erano realizzate con il sistema a cavedium, un particolare sistema architettonico che prevedeva, oltre la porta principale, una doppia porta per offrire un’ulteriore difesa sui punti più delicati della possente murazione che, in origine, era provvista di merli lungo tutto il suo notevole perimetro, che si estendeva linearmente per quasi due chilometri e aveva un’ altezza di circa 12 metri.

La struttura interna

Le mura erano provviste di camminamenti per il movimento delle milizie, dove si accedeva tramite scale in legno. Queste racchiudevano un’area di circa 220.000 mq, uno spazio dove ancora oggi si conserva inalterato l’antico impianto urbanistico. Due strade si incrociano ad angolo retto suddividendo la città in quattro settori. Quella che congiunge Porta Napoli con Porta Roma era detta decumanus maximus, quella che congiunge Porta Fiume con Porta Piedimonte, invece, era detta cardo maximus. Nei quattro settori divisi dai decumani e cardini maggiori e minori, con strade parallele e ortogonali che si incrociavano ad angolo retto formando dei rettangoli chiamati insulae, sorgevano edifici pubblici e spazi per abitazioni private.

Il crollo dell’Impero Romano

Con il crollo dell’Impero Romano tutte le strutture della città caddero in un desolante abbandono. Stessa sorte toccà alle opere idrauliche e di bonifica di quel Ager Allifanus (campagna alifana) che fu definito, fino al tracollo imperiale, “Splendente del sorriso di Bacco” (Silio Italico). Anche le mura furono lasciate in stato di abbandono e di distruzione.
Le Mura Romane di Alife furono un’efficace difesa della città e assolsero al loro compito egregiamente anche ben oltre l’età romana, divenendo baluardo difensivo per i successivi dominatori Longobardi e Normanni.

Solo l’invenzione delle armi da fuoco decretò la fine delle città fortificate.